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Le mamme del rugby
Ottimo esordio degli Under17 del RCSM
24/04/2008

Cominci quando è ancora nella pancia. Vitamine, fluoro per i suoi dentini, stai attenta a quello che mangi, non fumi. Poi nasce. Notti insonni, file dal pediatra per ogni piccolo particolare che ti sembra non vada, i primi passi barcollanti ti fanno venire il mal di stomaco: Cadrà, si farà male. I primi pianti all’asilo, notti tormentate : Avrò fatto bene, soffrirà, si sentirà solo? Le tragedie per un graffio e una spinta da un amico : quelle maestre non li guardano abbastanza!
Hai sognato che facesse sport, lo sport fa bene, ma una disciplina non troppo rischiosa, magari singola, con una bella rete in mezzo, tipo tennis, o, al limite, pallavolo, che a te da ragazza piaceva tanto…..
E invece eccoti qui!! Alla rete. A bordo campo. A guardare una montagna di gambe, visi, braccia tutte intrecciate, con la consapevolezza che sotto tutti c’è lui. Il tuo adorato “pargoletto”! Ma lo stomaco non ti fa più male, tanto sai che si rialza e nella prossima ruck o mischia sarà di nuovo lì. Come dice una canzone del Liga “Lì nel mezzo finché ce n’hai stai lì…….. stai lì".
Ma cos’ha questo rugby?
Ho visto ragazzi trasformati; babbi che sembravano Andy Capp alzarsi alle sette a segnare il campo; mamme panterate alle prese con pastasciutta e arista per decine di ragazzini affamati dopo le gare.
Un altro pianeta? Forse sì. Un virus forse! Ti entra nel sangue e la passione ti divora. Ragazzi che d’estate sembrano persi senza partite e allenamenti, babbi che non hanno mai giocato che si improvvisano rugbisti. Un clan , una setta non troppo segreta, legata alla propria maglia (un po’ campanilistica a dire il vero) ma pronta a riconoscere nel mondo i suoi simili. I rugbisti si riconoscono a naso in qualunque parte del mondo siano. All’inizio pensavo saranno le troppe botte che hanno preso. Oppure che per il rugby hanno perso tutti gli amici e non sanno cos’altro fare. Gli altri sport se fai una trasferta da Prato a Firenze sei preoccupato, qui, in primavera, i casellanti del Veneto ti chiedono se a casa stanno tutti bene.
Ma allora cos’è?
Non lo sai cos’è, ma è qualcosa che ti permette di stare alla rete e non vedere solo tuo figlio ma un insieme di ragazzi, un gruppo. E fuori dallo spogliatoio ti accorgi che di quel gruppo fa parte solo lui, con le canzonacce da osteria cantate a squarciagola,(le stesse che senti cantare alla prima squadra in serie A) con le sue frizioni che in campo spariscono, con la sua solidarietà e con le sue prese in giro.
E per te, mamma, cosa resta, a parte ore e ore a “smotare” i cambi e a combattere una guerra già persa contro quell’agglomerato marrone così tenace e resistente su maglie e scarpe?
Ora che dopo anni di ‘apprendistato’ cominci un po’ a capirlo, riesci a gustarti il rugby e riesci a non vedere solo un mucchio di gente che se le tira, e non sei qui a guardare il tuo “campione” ma apprezzi la squadra, il collettivo.
Nessuna mamma si augura di avere un campione tra le mani, sennò ha sbagliato sport!
Il futuro per tuo figlio non è sfondare nel rugby ma crescere con questo, con quello che ti dà e ti fa diventare. Un uomo o donna che ha passione in quello che fa e che lotta, stringe i denti e insieme agli altri arriva alla meta.
Questo mi auguro. Mete importanti nella vita e uomini migliori per il nostro domani.


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